The Luck of Eden Hall: il nome che Michael Aislabie Denham diede alle pietre forate naturali

The Luck of Eden Hall”, foto da Wikipedia

Fra i vari nomi che le pietre forate naturali hanno assunto nel tempo c’è anche “The Luck of Eden Hall”, un nome che si può tradurre in italiano come “La fortuna di Eden Hall”.

A sostenerlo fu Michael Aislabie Denham, commerciante dello Yorkshire e soprattutto autore di una serie di 54 opuscoli sul folklore raccolti tra il 1846 e il 1859 e derivati dalla sua collezione di tradizioni locali, di cui era profondamente appassionato. All’interno dei suoi “Denham tracts” egli compose, fra l’altro, un lungo elenco di creature magiche in gran parte mai nominate in precedenza: e, proprio fra di esse, pare che J.R.R. Tolkien prese il nome “Hobbits”.

Riguardo alle pietre forate naturali, nello specifico Denham scrisse che le piccole pietre “perforate dalla frizione” erano attribuite alla lavorazione degli elfi.

Esse erano chiamate anche The Luck of Eden Hall, come un antico bicchiere di vetro smaltato oggi conservato al Victoria & Albert Museum a Londra.

Questo oggetto prezioso, prodotto attorno alla metà del XIV secolo in area siriana o egiziana, acquisì questo nome nel 1677 per volontà di Sir Philip Musgrave.

La leggenda che lo circondava era legata alla fortuna della famiglia: infatti si raccontava che un gruppo di fate stesse facendo festa, quando furono sorprese dall’arrivo di alcuni curiosi. Mentre le creature magiche fuggivano, una di esse esclamò: “Se questa coppa dovesse rompersi o cadere, addio alla fortuna di Edenhall!“. E così per secoli i Musgrave lo trasmisero di padre in figlio, mantenendolo intatto per non gettare sciagure e disgrazie sulla famiglia.

Nel 1934 la tenuta fu distrutta, ma il bicchiere sopravvisse alla casa e nel 1958 divenne patrimonio nazionale.

Il parallelismo tra il nome della coppa e le pietre forate naturali potrebbe derivare dai sentimenti che possono scaturire dall’eventuale rottura di una di esse, un senso di apparente sfortuna che l’improvvisa indisponibilità di un oggetto magico lascia normalmente negli esseri umani.